Sul mezzo bianco di Carlo V con  S. Ambrogio

 

di Antonio  Rimoldi

 

Tra le opere più riuscite e celebrate di Leone Leoni in qualità di incisore di monete e medaglie figurano certamente i grandi moduli celebrativi della vittoria imperiale a Mühlberg (24 aprile 1547), rappresentanti al rovescio il tema della titanomachia.

La prima opera in ordine cronologico è una splendida medaglia[1] di 72 mm di diametro (Fig. 1), che elabora al rovescio il tema dalla titanomachia così come era stato proposto da Perino del Vaga nel suo affresco "La Caduta dei Giganti" (Fig. 2).

Fig. 1

Leone Leoni, 1549. Medaglia dedicata a Carlo V, commemorante la vittoria imperiale a Muhlberg. Bronzo, 71 mm. Fonte H. D. Rauch asta 105, Vienna 16.11.2017, lotto 1217

 

L'opera di Perino, situata nel Palazzo dei Principi (Palazzo di Andrea Doria) a Genova, fu realizzata tra il 1531 ed il 1533. Quattro anni più tardi, nel 1537, il pittore sarebbe stato richiamato a Roma presso papa Paolo III; qui avrebbe conosciuto Leone Leoni, che proprio nel novembre di quel medesimo anno era stato assunto presso la zecca dell'Urbe. L'influenza delle opere maggiori (ma anche di disegni preparatori e semplici studi) di Perino nella formazione del giovane Leoni è stata ben studiata in tempi recenti[2], fornendo suggestive connessioni tra le opere dell'artista di spicco dell'officina farnesiana e quella del futuro scultore-incisore cesareo.

Fig. 2

Perino del Vaga, La Caduta dei Giganti 1531-33.

Genova, Palazzo dei Principi.

 

La medaglia con Giove che fulmina i giganti fu commissionata a Leone Leoni da Carlo V durante la visita dell'artista alla corte imperiale a Bruxelles nel marzo 1549[3], a quasi due anni esatti dalla battaglia di Mühlberg.

Due anni più tardi, nel 1551, Leone Leoni incise i conii per uno degli indiscussi capolavori numismatici milanesi: lo scudo d'argento "dei giganti"[2] (Fig. 3). In questa splendida moneta l'affresco di Perino viene preso come spunto per creare una scena di grande dinamicità e di maggior respiro rispetto a quella della medaglia del 1549. Da notare come la torsione del corpo di Giove sia speculare a quella proposta dall'opera di Perino e poi ripresa da Leone nella medaglia del 1549.

Non solo l'affresco genovese è ravvisabile nella scena, "Si può anzi osservare che lo stile nervoso di Leone e le sue figure dalle pose eccessive e scomposte sono quasi più affini al disegno di Guglielmo della Porta dello stesso soggetto [la caduta dei giganti, N. d. A.], forse più tardo ma ancora saldamente ancorato all'affresco di Perino."[3].


Questa brevissima premessa su due capolavori incisori di Leone Leoni è necessaria per introdurre una moneta uscita dalla zecca quasi due anni prima della battaglia di Mühlberg, quando perciò la caduta dei giganti era solamente una tematica mitologica e non trasponibile in metafora della vittoria della causa imperiale.

Fig. 3

Carlo V, scudo d'argento dei Giganti.

Fonte Bibliothèque Nationale de France, Département Monnaies, Médailles et Antiques, AF.ITL.2095.

 

Nel novembre del 1545 la zecca di Milano iniziò la battitura di "grossi da soldi 4.6 l'uno"[6], la moneta è oggi ben nota ed è comunemente denominata "mezzo bianco"[7] (Fig. 4). Al diritto è impressa l'aquila bicipite degli Asburgo, caricata dello stemma d'Austria e coronata; al rovescio troviamo una raffigurazione tutta milanese: S. Ambrogio che da una nube colpisce un guerriero (identificato tradizionalmente come un Ariano) caduto da cavallo.

Nonostante non siano ancora state rinvenute evidenze archivistiche che provino la paternità dei conii di questa moneta a Leone Leoni è indubbio che la creazione della tipologia sia da attribuire al grande incisore[8].

Fig. 4

Carlo V, mezzo bianco. Fonte Varesi asta 65, Pavia 30.10.2014, lotto 437 (Immagine a misure doppie).

 

Fig. 5

Il Giove di Perino del Vaga e il S. Ambrogio di Leone Leoni a confronto.

 

In questa moneta in mistura risultano ben evidenti sia l'influenza degli anni romani della vita di Leone sia le opere circolanti in area milanese nei primi decenni del XVI secolo. Le poche figure presenti al rovescio infatti creano un sunto delle diverse esperienze e sperimentazioni artistiche; S. Ambrogio è nella medesima posa del Giove di Perino (Fig. 5), il cavaliere/Ariano disarcionato è chiaramente ispirato alla figura in basso a sinistra del disegno di Guglielmo della Porta, la prospettiva risulta leggermente deformata e anticipa le sperimentazioni ben più estreme effettuate da Leoni sullo spunto degli “scurti” di leonardesca memoria[9].

La tematica di S. Ambrogio e gli Ariani era sempre stata sviluppata sulla monetazione milanese con raffigurazioni molto più "terrene" in cui il Santo veniva raffigurato in piedi o a cavallo, quindi sul medesimo livello dei guerrieri Ariani. Tali raffigurazioni erano state impresse su monete di Galeazzo Maria Sforza[10]: l'opera di Leone costituisce quindi una ripresa di una tematica non proprio di recente apparizione in moneta.


Nel mezzo bianco cambia inoltre il senso del movimento della scena, che passa da orizzontale nelle emissioni sforzesche a verticale nella moneta di Carlo V. Tale impostazione dinamica della scena verrà mantenuta anche nel mezzo scudo d'argento[11] – sempre opera di Leone Leoni – emesso nel 1556 a nome di Filippo II e con al rovescio la medesima tematica. La moneta a nome di Carlo V resta però l'unica a presentare un S. Ambrogio in una posa inedita per la monetazione milanese, con la mezza figura del Santo che si protende da una nube.

L'Ariano disarcionato è rappresentato da Leone Leoni con l'elmo caratteristico del tempo per le armature da parata delle truppe a cavallo: la borgognotta (Fig. 6). Si tratta di un elmo leggero, privo della chiusura incernierata frontale tipica del morione; la protezione del viso è quindi affidata ai soli guanciali.

Fig. 6

Borgognotta attribuita al celebre armoraro milanese Filippo Negroli (1510 - 1579). Fonte Stoccolma, Armeria Reale, n. inv. LRK-17989.

 

Questo minuto particolare della raffigurazione fa emergere ancora una volta prepotentemente la passione di Leone per il mondo delle armature, un mondo che aveva il suo atelier d'avanguardia proprio in quel di Milano con il celeberrimo laboratorio armoraro dei Negroli[12]. L'artista incisore non si limita infatti a rappresentare un elmo qualsiasi; riesce invece nonostante il minimo spazio a disposizione a modellare le forme di un elmo preciso, coerente con l'equipaggiamento di un cavaliere della propria epoca. Tale attenzione da parte di Leone Leoni nella rappresentazione delle vesti militari è stata già oggetto di studio, specialmente per le ben più particolareggiate opere incisorie di  maggior modulo e per statue dei membri della famiglia imperiale[13]

Concludiamo questo breve approfondimento presentando una varietà inedita di mezzo bianco, originata da una dimenticanza nella fase di creazione del conio (Fig. 7). In tale variante infatti risulta assente il pastorale solitamente presente nella mano sinistra di S. Ambrogio, elemento che era costituito da un punzone figurato a sé stante.


Fig. 7

Carlo V, mezzo bianco. Fonte Bibliothèque Nationale de France, Département Monnaies, Médailles et Antiques, AF.ITL.1958 (Immagine a misure doppie).

 

Tale omissione – con ogni probabilità non intenzionale – fa subito correre la mente dell'appassionato di numismatica milanese al mezzo scudo di Filippo II emesso nel 1556 e privo dello staffile nella mano destra del Santo[14].

Mentre l'errore riscontrabile sul mezzo scudo è reperibile con estrema difficoltà[15], l'omissione del pastorale nel mezzo bianco è relativamente comune, testimoniando la minor cura con cui avveniva la produzione di moneta piccola.

Tali omissioni di particolari sono con tutta evidenza il frutto della scarsa attenzione posta dalle maestranze incaricate di copiare il conio originale prodotto da Leoni, ovviamente impiegando i punzoni da lui approntati che però non bastavano a garantire un risultato perfetto e degno del genio del grande artista.



[1] Toderi, Vannel 2000, vol. I, p. 50, n. 58.

[2] Zanuso 2013. Tale studio risulta a nostro avviso fondamentale per comprendere il sostrato artistico su cui si formò Leone Leoni.

[3] Plon 1887, p. 260.

[4] Crippa 1990, p. 35, n. 3. Per la datazione cfr. Ibidem, pp. 36-37 e Leydi 2013, pp. 20-22.

[5] Zanuso 2013, p. 14.

[6] Crippa 1990, p. 67, in nota.

[7] Idem, n. 18.

[8] Questa sicurezza di attribuzione al Leoni di tutte le monete milanesi emesse dal 1542 al 1590 è ben argomentata in Leydi 2013.

[9] Per l'applicazione di questa particolare prospettiva deformante nelle opere del Leoni cfr. Zanuso 2013, p. 15.

[10] Crippa 1986, p. 201, n. 9 e p. 205, n. 12.

[11] Crippa 1990, p. 135, n. 18.

[12] Per una visione d'insieme della storia e delle opere dei Negroli consigliamo la lettura di Phyrr, Godoy 1999.

[13] Warren 2013, pp. 38-41.

[14] Crippa 1990, p. 135, n. 18/B e nota relativa.

[15] Tanto da far dubitare Carlo Crippa della sua stessa esistenza al momento della pubblicazione dell'opera Le monete di Milano. Un primo esemplare apparì in vendita pubblica nel 2008 (asta Cronos 1 - Crippa Numismatica, Milano primavera 2008, lotto 335) ed un secondo nel 2012 (asta NAC 69, Milano 4 dicembre 2012, lotto 618; ex Coll. Archer Milton Huntington).


Bibliografia

 

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CNI V: Corpus Nummorum Italicorum. Primo tentativo di un catalogo generale delle monete medioevali e moderne coniate in Italia o da italiani in altri Paesi, volume V Lombardia (Milano), Roma 1914.

Crippa C. 1986, Le Monete di Milano dai Visconti agli Sforza dal 1329 al 1535, Milano.

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Phyrr S. W., Godoy J. A. 1999 (a cura di), Heroic Armor of the Italian Renaissance: Filippo Negroli and his Contemporaries, Catalogo della Mostra 1998-1999, New York.

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